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Riano


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Il toponimo Riano secondo alcuni storici deriva dal latino “rivus” per via dei numerosi ruscelli che scorrevano nel suo territorio. Il Ricci nella ” Storia di Castelnuovo e Paesi Vicini” scrive che nelle bolle imperiali e cassinesi, Riano è chiamata Raianum e Ragianum, in quelle portuensi Rascianum.
Percorso Storico – Riano

Controverse sono le opinioni degli storici sulle sull’origini del nome Riano. Secondo alcuni deriva dal latino “rivus” per via dei numerosi ruscelli che scorrevano nel suo territorio. Il Ricci nella “Storia di Castelnuovo e Paesi Vicini” scrive che nelle bolle imperiali e cassinesi, Riano è chiamata Raianum e Ragianum, in quelle portuensi Rascianum. Ruscia era l’antico nome della Serbia derivante dalle colonie della Dalmazia e Dell’Illira, e fu così che vennero suddivisi e chiamati i nostri territori dopo la conquista di Roma, con il nome delle provincie conquistate. Un’antica stazione posta sulla via Flaminia al 22° chilometro è oggi rappresentata da un rustico casolare detto “Osteriola”. Di fronte l’antica osteria si accede alla provinciale rianese che dopo tre chilometri giunge al centro del paese. Il borgo antico, tipico del parco di Veio,  sorge sopra un colle tufaceo isolato, ad eccezione della parte nord del paese, composta da profondi declivi. Il livello del paese rispetto al mare è a 102 di altezza. Il territorio di Riano è la testimonianza dell’emersione delle terre dal mare basso del pleistocene di cui oggi resta la fertile pianura del Tevere, emersa dal mare e colmata dalle piene del fiume che, ritiratosi nel suo alveo, vi scorre in mezzo. I colli caratteristici di questa area a nord di Roma,  si sono formati per le eruzioni dell’ era vulcanica durata trentamila anni ed iniziata alla fine del quaternario inferiore; il cratere del vulcano estinto forma il Prato di Santa Pace. Nel territorio di Riano sono presenti alcuni minerali di poco pregio; il più abbondante è il tufo, ci sono due miniere di pomice e una di caolino.
A nord del paese corre la via FLAMINIA e a sud corre la via TIBERINA così chiamata perchè costeggia il Tevere, parte da Prima Porta e attraversa tutta la pianura. L’unica via che metteva in comunicazione le due vie consolari era la via CAMPANA VETUS. Aveva inizio dalla via Tiberina presso Pontestorto, attraversava la Valle Perina, giungeva a Santa Pace continuava per quella che oggi si chiama via Chiarano e a Fontan dei martiri, saliva il Colle San Sebastiano, unendosi alla via Flaminia.
Nel Medioevo si assiste anche a Riano all’incastellamento da parte dei baroni e quindi della milizia che  difendesse il castello insieme ai suoi possessi. Il castello di Riano è uno dei pochi rimasti in piedi di tanti che popolavano le nostre aree. Esisteva fin dall’undicesimo secolo. Nel 1151 apparteneva a Guido, figlio di Leone dei Borbonesi da cui discendono gli Orsini.
La struttura
Edificato in cima al colle sulla roccia e nella piazza principale del borgo consta di tre torri rotonde con feritoie. Al primo piano c’è una sala centrale con grandi finestre mentre su una parete si aprono varchi che portano ad altre camere. Al piano terreno vi è la cappella per le funzioni religiose dove si conservano dipinti dello Zuccari; seguono le scuderie, altri ambienti per dispense e magazzini e la cisterna per raccogliere l’acqua piovana discendente dai tetti. Ai piedi della torre che si trova a destra della piazza, una camera con finestra protetta da una robusta inferriata serviva da prigione. Attorno al castello, sul lato nord, un alto muraglione, con sopra uno sterrato, dove si schierava la milizia per la difesa. Sul lato est della piazza si trova la chiesa parrocchiale e sul lato ovest il palazzo baronale che, restaurato nel 1958-59, da allora ospita al piano superiore il municipio. Tutte le abitazioni dei servi e dei contadini erano entro le mura di cinta del castello quando il paese contava circa 700 anime.
I primi abitanti.
Nei tempi antichi nel territorio di Riano vissero prima gli Etruschi e successivamente i Romani.
Quando Roma fu colpita da invasioni barbariche, non si sa quale popolazione straniera abbia occupato il territorio di Riano. Nel 409 con Alarico e nel 455 con Gensenico le campagne nei dintorni di Roma furono saccheggiate e incendiate. Caduto l’impero romano d’occidente nel 476, si ebbero guerre tra i Goti e i Greci e per 20 anni Roma e le sue campagne circostanti furono esposte a lunghi assedi.
Chi sia stato il primo feudatario di Riano non si sa con certezza. Il primo documento è del 1151 ed in esso si afferma che il castello apparteneva a Guido dei Borboni figlio di Leone; Il papa Gregorio VII trasferì il possesso ai monaci Bendettini di S. Paolo fuori le mura. Benchè all’inizio del XIII secolo Riano apparteneva a detto monastero,  il possesso non rimase pacifico perchè il principe Stefano Colonna, signore di Castelnuovo di Porto, volendo ben definire i confini tra le sue terre e quelle di Riano, nel 1321 assediò il castello di Riano e dopo un anno lo espugnò. Il castello fu distruto e saccheggiato e gli abitanti fuggirono abbandonando case e poderi. L’Abate e i monaci di San Paolo presentarono una istanza ad un alto prelato ed al re di Napoli Roberto d’Angiò affinchè persuadessero il principe Colonna a restituire il castello, ma l’accordo tra i Colonna e i monaci si concluse solo dopo 179 anni e precisamente quando nel 1491 si riuscì a definire i confini tra il territori di Riano e quello di Castelnuovo. Il monastero, ritornato in possesso del feudo di Riano riedificò il castello e le case e per ripopolarlo fece sapere che avrebbe concesso abbondanza di terre ai nuovi abitanti. Poiché il monastero non era in floride condizioni economiche, nel 1527 lo vendette a Luigi Gaddi ed al fratello cardinale Taddeo per 29.000 scudi d’oro. I Gaddi lo possedettero per 33 anni ma del loro possesso non è rimasta alcuna traccia nel paese.Il 22 settembre 1571 per 100.000 scudi d’oro lo vendettero alla famiglia Cesi che lo mantenne per sè per 140 anni lasciando in ricordo il convento dei Frati Cappuccini. Federico, Pier Donato e Francesco Cesi il 16 febbraio 1710 lo cedettero a Francesco Maria Ruspoli per il prezzo di 219.000 scudi. I Ruspoli lo godettero per oltre un secolo eseguendo in esso opere durature come la fonte di acqua fresca e perenne, le mura di cinta e l’unica porta di entrata ed uscita del castello, che tuttora esiste. La famiglia Ruspoli lo vendette alla famiglia Boncompagni Ludovisi, principe di Piombino, nel 1818 per la somma di 120.000 scudi d’oro. Dal contratto di acquisto, sia il principe Ruspoli che il principe Boncompagni venne esclusa quella parte di territorio che il cardinale Cesi aveva donato ai Frati Cappuccini, ma di cui questi si impossessarono impropriamente. Il principe Boncompagni Ludovisi inizialmente diede il vasto territorio in affitto a dei mercanti che sfruttavano l’opera dei rianesi. Rimasto erede, il principe Don Francesco, licenziati i mercanti, prese a coltivarlo direttamente. Entrata in vigore la legge dello scorporo con le quali la terra dei latifondisti veniva divisa tra i contadini, il principe Don Francescone cedette parte all’Ente Maremma e parte la vendette a lotti a privati, riservando per se i poderi di Procoio Vecchio e i Casini.

Percorso artistico e culturale ed area museale a Riano

Il Castello Cesi.
“Dell’antichità di questo Castello, anticamente una delle Colonie de’Vejenti, secondo il Cluverio; ed una Villa di delizie ,secondo il Nardini (…). Egli è situato questo Castello  cinto di mura, trà la Via Flaminia, ed il Tevere, in luogo eminente; in paese fertile, se bene di aria non molto felice, lungi da Roma, anco secondo le misure antiche 4 miglia. Fù, se bene all’hora forte,preso da Enrico III,”
( C. B. Piazza, La Gerarchia cardinalizia: a Clemente XI Pontifice, 1703, 97)
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Riano faceva parte dell’area capenate avente come città egemone Capena, (Civitucola). Successivamente annessa a Veio e poi conquistata da Roma viene annessa alla tribu’ Stellatina.  Il suo territorio si estende dalla via Flaminia alla Via Tiberina fino a raggiungere quei territori che oggi sono occupati in larga parte dalle cave di tufo. Come gran parte del territorio incastellato intorno all’anno mille, si trova sotto il dominio del monastero di San Paolo fuori le mura, sino al 1527, quando passa ai Cesi.
Sotto questa nobile casata, di prelati e intellettuali, assume la forma definitiva di maniero rinascimentale e si assiste alla sua raffinata decorazione interna. Affreschi in stile manierista probabilmente degli Zuccari sopravvivono due stanze contigue piuttosto deteriorate mentre nelle sale del piano nobile grandi camini ne registrano la destinazione a sale di ricevimento.
Poi alla metà del Settecento il feudo passa ai Ruspoli che lo tengono sino al all’1818, quando passò ai principi Boncompagni -Ludovisi.
La Chiesa dell’Immacolata Concezione


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Edificata nel 1490 dai monaci benedettini di San Paolo fuori le mura come chiesa parrocchiale, la chiesa dedicata all’Immacolata Concezione a Riano, fu ricostruita e ampliata nel 1738 da Francesco Maria Ruspoli e dedicata a Maria Vergine Immacolata. E’ di fronte al palazzo baronale e reca all’esterno un’elegante porta quattrocentesca con semplici stipiti marmorei decorata. Nella cornice superiore, di una ghirlanda inserita di uno scudo tra nastri svolazzanti. Lo schema architettonico del portale si ripete in forme rimpicciolite nella porticina aperta sul fianco destro.  A navata unica e sul soffitto in legno è dipinto lo stemma dei Ruspoli. Nell’abside quadrangolare è collocato l’altare maggiore con un quadro raffigurante la Madonna con il Bambino e i due altari laterali a metà della navata sono dedicati alla Madonna del Rosario e alla Vergine Assunta in cielo.



Area museale La Macchiarella presso Aula Consiliare del Comune di Riano 
QUARTO DELLA MACCHIARELLA, FRAMMENTI DI CIVILTA’ PASSATE.
Il sito denominato “Quarto di Macchiarella” di pertinenza dell’Università Agraria appartiene al comune stesso. L’associazione Archeologica Saxa Narrant con l’autorizzazione e l’ausilio delle autorità competenti negli anni compresi tra il 2003 ed il 2006 hanno indagato quest’area risultata di grande importanza dal punto di vista archeologico. Durante la ricognizione archeologica sotto la direzione del prof. Fort, direttore del progetto, ci si è resi conto dell’importanza dell’area ed ha preso quindi il via un vero e proprio progetto denominato “Agro Veiente” .
Il progetto ha portato alla scoperta di numerose testimonianze archeologiche fotografate, disegnate e posizionate topograficamente su carta.
Sono stati una grande quantità di frammenti ceramici che affioravano al livello del suolo, sono stati poi rinvenuti tre pozzi uno dei quali con pedarole ossia una sorta di pioli in terracotta che servivano per indagare in profondità il pozzo. In linea con questo è stata individuata una galleria e accanto ad essa dei blocchi tufacei con saldature a coda di rondine. Non molto distanti sono emerse dal terreno tegole e coppi. Tutti questi elementi sono stati rinvenuti a valle della collina, la sommità ha invece rivelato dei blocchi tufacei a pianta rettangolare posizionati ad “L”. Questi blocchi, affioranti dal terreno, sono la prima fila di una struttura muraria di un edificio dalle fondamenta ancora interrate, i blocchi possono risalire ad un periodo che và dal VI al III secolo a.C. Attorno a questa struttura sono emersi innumerevoli frammenti di vasellame, di ossa animali, tappi di anfore, un frammento in pietra scolpita, numerosi chiodi e lamine di ferro, vetri, parti di un dolio, porzioni di pavimentazione, tegole, coppi, frammenti di intonaco dipinto, un anello ed una fibbia in bronzo. La scoperta sicuramente più importante è stata però certamente quella di una tegola bollata, il bollo recante l’iscrizione GRAS ci dà infatti una datazione certa del sito, la scritta è l’acronimo di Gaio Rasino Silo curatore di alcune ville nella zona della via Nomentana e del Lucus Feroniae all’epoca di Augusto.
     La testimonianza più antica che il luogo ha rivelato è stata però una pietra scheggiata in selce bionda usata in epoca primitiva e rinvenuta in prossimità di un riparo sotto roccia.
La zona di terreno sovrastante il riparo presentava un bordo di tufo di quella che sembrava una fossa.
Avvertite le autorità competenti è stato effettuato lo scavo che ha messo in luce una deposizione plurima. La fossa, utilizzata più volte, non recava alcun corredo funebre, all’interno vi era una prima sepoltura deposta su un cuscino di tufo e rannicchiata sul fianco destro, a metà della fossa a sinistra, c’era un’altro cranio ed altri ai piedi della prima sepoltura. Tutto il materiale è stato prelevato dalla Soprintendenza Archeologica per l’Etruria Meridionale per l’analisi e la datazione.
Un’altro importante dato emerso nell’indagine è stato quello di ritrovare numerosi frammenti ceramici recanti tracce di bruciature non omogenee presenti sia all’interno che all’esterno dei pezzi, questo ci fà ipotizzare che siano stati oggetto di un incendio.
 Tutto il materiale rinvenuto e la relativa documentazione sono stati consegnati alle autorità competenti. I reperti più significativi sono esposti nelle vetrine della sala consiliare del Comune di Riano il cui allestimento è stato curato dall’associazione Saxa Narrant, al momento l’aula ospita anche i pannelli esplicativi e le mappe eseguite durante il lavoro di indagine.
Le ipotesi che possono essere fatte sulla base dello studio del sito e dei materiali rinvenuti è quella della presenza, da epoche remote di insediamenti umani, probabilmente già in età preistorica e, con una certa continuità dovuta alle condizioni ottimali per la sopravvivenza , perlomeno fino all’età augustea. Il sito ha subito poi un abbandono forse dovuto alla caduta dell’impero romano e quindi alle relative invasioni di popolazioni nemiche che hanno portato le popolazioni del territorio a cercare luoghi maggiormente difendibili e quindi a preferire alture dove arroccarsi e proteggersi dalle incursioni. La combustione della maggior parte dei reperti ceramici ci porta anche a supporre che l’abbandono del luogo sia stato causato dallo scontro degli abitanti con popoli rivali.
Il territorio indagato ha quindi un’importanza considerevole sia dal punto di vista archeologico che di testimonianza culturale che il luogo esprime.
Rinvenimento e restauro dei reperti, cartografia e allestimento delle vetrine, a cura dell’Associazione Saxa Narrant.

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