
Un primo insediamento capenate si sviluppò sulla sommità di uno sperone tufaceo posto a 275 mt sul livello del mare. Il primo castrum a difesa del territorio risale alla prima metà del X secolo per volere di Alberigo II, Principe e Senatore Romano. Alberigo II cercò di garantire una certa stabilità nel nostro territorio…
Percorso storico – Castelnuovo di Porto
Percorso Storico
Un primo insediamento capenate si sviluppò sulla sommità di uno sperone tufaceo posto a 275 mt sul livello del mare. Il primo castrum a difesa del territorio risale alla prima metà del X secolo per volere di Alberigo II, Principe e Senatore Romano. Alberigo II seppur definito tiranno, nome con cui venivano appellati i reggenti di Roma, fu colui che garantì una certa stabilità nel nostro territorio.
Il suo sogno era di riunire i possedimenti di Roma ed iniziò a consolidare la provincia realizzando diversi castrum di difesa, per proteggere popolazione e rendite. Alla sua morte chiese che venisse eletto al soglio pontificio il giovane figlio Ottaviano che però non dimostrò la stessa tempra. A lui va attribuita la costruzione della chiesa scomparsa di San Giovanni sulla via Flaminia, che ne porta il nome.
Il suo sogno era di riunire i possedimenti di Roma ed iniziò a consolidare la provincia realizzando diversi castrum di difesa, per proteggere popolazione e rendite. Alla sua morte chiese che venisse eletto al soglio pontificio il giovane figlio Ottaviano che però non dimostrò la stessa tempra. A lui va attribuita la costruzione della chiesa scomparsa di San Giovanni sulla via Flaminia, che ne porta il nome.
Alla morte di Alberigo, il castrum venne dato alle fiamme dagli Ungari durante un’incursione.
Il Castrum Novu
m venne edificato intorno all’anno Mille, sull’antico presidio e nel 1074 Gregorio VII ne confermo’ la proprietà al Monastero di San Paolo fuori le Mura. Sul finire del XIII secolo Sciarra Colonna fece edificare il Castello, munendolo di torrette, un pozzo, il fossato con ponte levatoio e una torre di rivellino. Torre e Rocca, attraverso un camminamento protetto, erano collegate per fronteggiare meglio gli eventuali assalitori.
m venne edificato intorno all’anno Mille, sull’antico presidio e nel 1074 Gregorio VII ne confermo’ la proprietà al Monastero di San Paolo fuori le Mura. Sul finire del XIII secolo Sciarra Colonna fece edificare il Castello, munendolo di torrette, un pozzo, il fossato con ponte levatoio e una torre di rivellino. Torre e Rocca, attraverso un camminamento protetto, erano collegate per fronteggiare meglio gli eventuali assalitori.
All’interno del castello è presente la cappella di S. Silvestro in Castello, impreziosita da un ciclo pittorico commissionato da Giacomo Sciarra Colonna che interessa tutte le pareti. Gli affreschi riportano le immagini di Santa Caterina, il Battesimo di Cristo, Santi ed evangelisti.

Il Castello, passato varie volte di mano e recuperato nel 1503 dalla famiglia Colonna, venne trasformato in palazzo rinascimentale con l’aggiunta del piano nobile. Qui una splendida loggia affrescata da Federico Zuccari si affacciava sulla piazza.

Gli affreschi rappresentano le Virtù, le Stagioni ed episodi salienti della storia romana come l’arrivo di Enea, varie battaglie ed altre scene eroiche. Nel 1581 l’edificio torno’ di proprietà della Santa Sede che vi fece insediare la Camera Apostolica. In seguito venne adibito a carcere mandamentale e sede della locale Pretura, funzione che mantenne fin al 1960. Acquistata nel 1976 da un privato, la Rocca Colonna venne venduta all’Amministrazione Comunale solo nel 1999 e negli ultimi anni è stata restaurata e resa fruibile al pubblico.
Lo splendido borgo medievale si puo’ visitare sempre. E’ possibile osservare lo sviluppo della struttura urbanistica dell’abitato dal medioevo al rinascimento: case torri, mura e abitazioni nobiliari con stemmi sui portali. Nella piazza principale, da cui si accede al borgo, si trova il castello detto “Rocca Colonna” che ospita al suo interno le antiche carceri, e due perle: una chiesina medievale affrescata e la loggia pinta, uno studiolo di rappresentanza del Colonnese Sciarra Colonna, affrescato sapientemente da Federico Zuccari. Eleganti cornici di stucco racchiudono scene sulla fondazione di Roma, leggende romane, battaglie, porti e possedimenti della famiglia.
Sempre sulla piazza si puo’ visitare la Collegiata di Santa Maria Assunta, chiesa barocca che ospita all’interno diverse opere tra cui un trittico di Antoniazzo Romano, raffigurante Gesu’ Salvatore. La chiesa sorge su di un impianto più antico di cui resta a testimonianza il campanile. Altre chiese sono sparse nel piccolo paese ed inoltre è possibile, accordandosi con il Parco di Veio, esplorare gli splendidi percorsi storico-naturalistici di Belmonte, delle Mole e di Sant’Antonino.
In piazza presso l’edicola è possibile acquistare libri e pubblicazioni sul territorio.
Numeri utili:
Comune di Castelnuovo di Porto +39 06 901740
Comune di Castelnuovo di Porto +39 06 901740
Parrocchia di Santa Maria Assunta +39 06 907 9244
Parco di Veio +39 06 904 2774
Percorso artistico e culturale a Castelnuovo di Porto

Castelnuovo di Porto, 275 m slm. Lo splendido borgo medievale si puo’ visitare sempre, ed è possibile osservare lo sviluppo della struttura urbanistica dell’abitato, dal medioevo al rinascimento: case torri, mura e abitazioni nobiliari con stemmi sui portali. Nella piazza principale, da cui si accede al borgo, si trova il castello “Rocca Colonna” che ospita
al suo interno le antiche carceri, una chiesina medievale affrescata e la loggia pinta, uno studiolo di rappresentanza del Colonnese Sciarra Colonna affrescato sapientemente da Federico Zuccari. E’ invece superata l’attribuzione al fratello Taddeo. Eleganti cornici di stucco racchiudono scene della fondazione di Roma, leggende romane, battaglie, porti e possedimenti della famiglia.
Sempre sulla piazza si puo’ visitare la Collegiata di Santa Maria Assunta, un’elegante chiesa della metà del 1700 costruita su un precedente impianto medievale di cui resta il campanile. La collegiata ospita all’interno diverse pregevoli opere tra cui un trittico di Antoniazzo Romano, raffigurante Gesu’ Salvatore, una Madonna che allatta il divino bambino ed altre pregevoli opere suddivise negli otto altari. Lesene binate decorano la navata unica e terminano in alto con le finestre racchiuse in grandi unghiature. Il transetto con l’altare alla Madonna conduce alla Sagrestia che ospita altre opere.

Altre chiese sono sparse nel paese, che è possibile visitare negli orari di messa oppure accordandosi con il parroco. Chiesa della Madonna delle Virtù, chiesa di San Sebastiano e di Sant’Antonio.
Percorrendo il borgo verso la valle si raggiunge da via Isola Bella, la “Porticella”, l’antica porta che immette a Massarello, l’area adibita ad orti. Proseguendo per un sentiero sconnesso si raggiunge l’antico lavatorio medievale detto della “Femminella”. Qui si fondono storia e tradizione. Sulle antiche pietre fino agli anni ’60 le donne lavavano la biancheria della famiglia ed un sistema idrico composto da cisterne e fontanili, canalizzava “l’acqua Colonna”. Le memorie popolari tramandano una leggenda secondo la quale nel complesso si perpetrò un efferato delitto a seguito di una violenza. Secondo la leggenda una giovane e minuta donna fu uccisa in questo luogo e il suo spirito senza pace aleggia nell’antico fontanile, incutendo timore alle lavandaie.
Presso la Via Montefiore è possibile osservare i resti di due antichi complessi. Sotto il comprensorio moderno delle Rondini è possibile osservare un’interruzione del muro di contenimento. Scostando la vegetazione si scorgono i resti della abbazia della Suppentonia di Sant’Anastasio in Cannetulo. La piccola badia benedettina che aveva ospitato monaci e pellegrini secondo la regola di San Benedetto, probabilmente era dedita alla coltivazione della vite per l’eucarestia, in tutta l’area attigua al complesso, denominata appunto Vigna Grande.
Poco prima un antico casino di caccia appartenuto alla famiglia Miselli versa in condizioni rovinose. Oggi proprietà privata Lesti non ha goduto di interventi da parte della soprintendenza ma dai vani finestra è possibile osservare gli affreschi. Era molto probabilmente il casino da dove la famiglia Miselli osservava e dirigeva i lavori della vendemmia, e dove pare abbia tenuto diversi banchetti l’illustre corriere pontificio che non mancava di ospitare cardinali e papi in viaggio per la via Flaminia.

Casino Lesti sotto la neve nel 2012 – Ph Marina Gallinelli
In piazza presso l’edicola è possibile acquistare libri e pubblicazioni sul territorio.
Sono disponibili il libro dell’Associazione “Sei de Casternovo se…”. Notizie storiche e percorsi, curiosità, tradizioni, feste e dialetto “Cronache dei Santi e delle confraternite a Castelnuovo di Porto” e la “Guida Storico Artistica di Castelnuovo di Porto” pubblicata dall’associazione “Nel Paese di Clarice”
Numeri utili:
Comune di Castelnuovo di Porto +39 06 901740
Comune di Castelnuovo di Porto +39 06 901740
Parrocchia di Santa Maria Assunta +39 06 907 9244
Parco di Veio +39 06 904 2774
Un percorso naturalistico sui monti dell’Agro Veiente a Castelnuovo: Le Mole, Sant’Antonino e Belmonte.

Pian Braccone. Poche vestigia abbandonate testimoniano un’area di grande interesse storico-religioso e si fondono con la natura che in quei luoghi si appropria della sua furia. Questi monti, levigati dall’antico vulcano di Morlupo-Castelnuovo di Porto, intervallati da forre boscate, pianori e ruscelli, sono destinati al pascolo e sono posti sotto la tutela del Parco di Veio. Si possono raggiungere oltrepassando il laghetto di pesca sportiva presso Pian Braccone di Castelnuovo, dove una vecchia mulattiera si insinua nel bosco, risale la dorsale del monte e conduce presso l’antico abitato di Belmonte. Prosegue poi su un altopiano per scendere nel fosso di Costa Frigida e risalire verso monte San Silvestro compreso tra Castelnuovo e Sacrofano. Le guide del Parco di Veio organizzano in questi luoghi molte escursioni per mostrare l’area che in origine fu colonia della fiorente città di Veio e in seguito divenne meta di devozione religiosa.
LE MOLE
Un interessante itinerario naturalistico è costituito dalle Mole. Grazie alla formazione geologica del territorio, di origine vulcanica, nel nostro paese abbondano le falde acquifere. Queste alimentano sorgenti minerali e torrenti che erompono nel fosso di Sant’Antonino. L’abbondanza della portata di questi corsi d’acqua ha fatto sì che per secoli fossero sfruttate simili risorse, captate come energia per macinare il grano, il mais ed altri cereali, sin dal medioevo, quando la disponibilità del frumento e quindi la sua lavorazione stabilivano la ricchezza di un popolo. Notte e giorno le macine giravano per soddisfare le esigenze di agricoltori e fornai mentre lo stato pontificio adottava la tassa sul macinato che il molinaro doveva applicare ad ogni carico di farina.
Lungo il corso del fosso di Sant’Antonino troviamo i resti di tre mole granarie azionate dall’acqua: si tratta della Mola Paradisi, la Moletta di mezzo e la Mola di sopra o del prataccio.
Quest’ultima, di origine medievale, si trova in località Il Prataccio alle pendici del pianoro di Belmonte ed era affiancata da una torre di difesa di cui resta una rara foto di inizio del secolo scorso. Una massiccia costruzione è divisa in tre ambienti voltati a botte e nel più grande vi sono due macine in pietra di basalto e un camino. Nel 1586 la Reverenda Camera Apostolica appena insediata a Castelnuovo provvedeva al restauro. La costruzione è ormai nascosta tra la rigogliosa vegetazione.
La Mola di Sotto o Moletta ha invece una gigantesca diga di 35 metri con una cascata di 10, che scende fragorosa. Anche la moletta fu restaurata dalla Camera Apostolica. Nei pressi è la sorgente ferruginosa del fosso dell’acqua forte. Lungo il suo corso rivoletti e cascatelle regalano strabilianti colorazioni grazie ai minerali presenti nell’acqua.
Della Mola Paradisi abbiamo poche notizie. Anche in questo caso una diga di 26 metri aveva il compito di sbarrare le acque di questo fosso dalla straordinaria portata. Probabilmente non apparteneva alla Reverenda camera apostolica sebbene ebbe una discreta importanza. Nei paraggi un ponte in muratura con una grande arcata permetteva il passaggio ad una stradina che collegava la flaminia alla cassia, mentre l’edificio della mola è ben conservato e diviso all’interno da un’arcata. A terra sono collocate due grandi macine di basalto.
Sul Monte di Sant’Antonino la tradizione vuole che il Santo Patrono di Castelnuovo vi avesse dimorato durante il pellegrinaggio a Roma. Si possono scorgere alcune porzioni di mura dell’antico eremo con la chiesa altomedievale di Santa Maria inter tre Rivos nome derivante dalle tre acque sorgive che dal monte raggiungono le tre mole sottostanti. divenuta in seguito di Sant’Antonino. Alcune suggestive storie narrano dei nostri territori frequentati sin dal III secolo d.C. da molti personaggi della storia cristiana, che poi divennero papi, santi e martiri. Con l’arrivo della reliquia presso la chiesa di Santa Maria Inter Tre Rivos, il culto si diffuse rapidamente e la chiesa con l’annesso romitorio presero il nome di “Eremo di Sant’Antonino”. Nel 1636, la chiesa viene descritta molto piccola, con un solo altare e spoglia. Annesso alla chiesa vi era un piccolo romitorio a cinque celle su due piani. Accanto all’eremo vi era la vigna, l’orto e un forno per il monaco che vi abitava.
Sotto l’arco dell’abside era l’altare e nella parete dipinti di Sant’Antonino Patrono. Ai lati vi erano due sarcofagi ben disposti. Alla fine dell’ottocento la chiesa fu abbandonata e fino al 1930 fu possibile visitarla parzialmente. Durante la festa in onore del Patrono tutte le funzioni religiose riservate al Santo si svolgevano sull’eremo di Sant’Antonino. Si teneva inoltre il Palio della Stella, a cui partecipavano anche dai paesi vicini. La festa si svolgeva in uno scenario naturale che oggi rappresenta una delle aree paesaggistiche ed archeologiche più interessanti del Parco di Veio.
Dell’antico complesso, una delle maggiori testimonianze altomedievali trattata in numerosi testi, restano soltanto brani dei muri perimetrali ed avanzi pavimentali. Parallelepipedi di tufo dilavano per tutta la costa della collina. Nel complesso sono stati rinvenuti reperti di origine romana che indicano una presenza umana ben più antica del luogo.

Resti della chiesa altomedievale di Santa Maria Inter tre Rivos – Sant’Antonino
Una guida eccellente di questi luoghi è rappresentata dal libro”Cronache dei Santi e delle Confraternite a Castelnuovo di Porto” Presso l’edicola posta nella piazza principale. Con dovizia di particolari sono spiegati tutti i passaggi e i relativi luoghi di culto e storici a Castelnuovo.
Le mole invece sono tre e rappresentano i resti della cultura contadina e del frumento che qui veniva macinato attraverso la forza dell’acqua.
Photo: Andrea Falzini – Luigi Perini
Photo: Parco di Veio
Prima della fonte dell’acqua acetosa un sentiero si inerpica verso il villaggio abbandonato di Belmonte già colonia di Veio, compreso tra i fossi di costa frigida e di sant’Antonino. A spartire idealmente il territorio tra Capenati ed Etruschi era la direttrice che sarebbe divenuta la via flaminia.
Sul pianoro buchi di palo con canaline, testimoniano la presenza di un insediamento a capanne. Restano ben visibili il sentiero di accesso con fossato difensivo e ampie zone con i solchi lasciati dai mezzi di trasporto. In posizione dominante vi sono due pareti residue di una torre a base quadrangolare, probabilmente parte di un castello e porzioni delle mura difensive e della chiesa. Sulle pendici del monte numerose grotte, probabilmente si tratta di sepolture di epoca etrusca riutilizzate in epoca medievale come stalle. Nei dintorni è possibile osservare le canalette per la lavorazione del lino di cui erano abili produttori gli etruschi insieme alle pestarole a Costa Frigida, che erano usate per pigiare l’uva e produrre il vino.
Belmonte rimase abitato fin al medioevo quando forse la peste nera lo spopolò.










































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